I FRANTOI IPOGEI
I Frantoi occupano un posto di grande interesse nella storia architettonico-culturale del Salento. Le ingenti quantità di olive prodotte da uliveti secolari, venivano molite e torchiate in caratteristici manufatti ipogei per la produzione di notevoli quantità di olio, parte commestibile e in parte utilizzato per usi industriali. Queste strutture costituiscono significative testimonianze del passato ed un prezioso patrimonio del presente. Tutti i frantoi costruiti nel Salento tra il 1500 e il 1800 sono ipogei perché ricavati sotto terra nei banchi di tufo o di pietra leccese, raggiungedo una profondità dai 2 ai 5 metri.
Tutelare, recuperare e salvaguardare questi trappeti significa contribuire alla riscoperta dei valori sociali, culturali ed economici che ancora oggi esprimono il sacrificio e la fatica della gente salentina per la valorizzazione di un prodotto antico quanto il mondo.
IL TRAPPETO "CAFFA"
È parte integrante di una vasta realtà di "industrie" di trasformazione dei tradizionali prodotti agricoli della zona (olive, uva e grano), ancora esistenti sul territorio comunale, come nell'intera Terra d'Otranto. I manufatti ipogei costituiscono una caratteristica importante del paesaggio rurale Salentino. Il comprensorio di Vernole è stato sempre ricco di oliveti, taluni millenari; era quindi necessario provvedere alla trasformazione del prodotto agrario ingegnandosi con strumenti idonei alla spremitura delle olive. Sono così sorti nei secoli tanti trappeti per la produzione di olio che in minima parte veniva consumato in loco, mentre grosse quantità erano commercializzate e spedite dal porto di Gallipoli nell'Europa del nord.
Da una ricerca svolta presso l'archivio di stato di Lecce si rileva che nel 1576 il trappeto "Caffa" era funzionante; nel catasto conciario del 1748 è indicato appartenente ai beni feudali della famiglia Bernardini. Il comune di Vernole lo acquistò il 27 ottobre 1885 per il prezzo di milleottocentolire. Re Umberto I ratificò l'acquisto il 17 dicembre 1885. Il frantoio rimase in attività sino ai primi del 1900, poi venne abbandonato e successivamente colmato con terriccio. Recuperato recentemente dall'Amministrazione Comunale e reso fruibile.
LA LEGGENDA
Si narra che il Trappeto Caffa di Vernole sia stato da sempre popolato da un manipolo di buffi folletti, gli "uri", che si attivavano solo nelle ore notturne e di giorno riposavano nel tappeto.
Era una ciurmaglia scanzonata e chiassosa che in particolari notti dell'anno, dopo aver gozzovigliato e svuotato una notevole quantità di otri traboccanti di ottimo e robusto vino salentino, si riversava nelle vie dell'abitato saltimbancando dalle sciave colme di olive nere, mettendo a segno i più impensati e svariati scherzi e sberleffi a danno della tranquilla e timorosa popolazione vernolese. Alle prime luci dell'alba, ormai stremati, si rintanvano frettolosamente nei tetri meandri del trappeto Caffa per godere di un "meritato" riposo ed essere poi pronti e rigenerati al calar della notte successiva.
Essere bugiardi e burloni, ma tutto sommato anche simpatici, gli uri erano maestri nel creare confusione, generare sospetti, costruire illusioni e talvolta diffondere maledicenze.
Si dice che una notte d'inverno, dopo una estenuante giornata di fatica, nella stalla del trappeto, riposassero su un comodo giaciglio di paglia, Giuacchinu lu trappitaru, il somaro ed il mulo, suoi compagni di lavoro, addetti a girare la macina: tutti e tre grandi amici dell'uru: non avevano fatto nemmeno in tempo ad appisolarsi che u "nachiru" (capo operaio) li svegliò tutti e tre di soprassalto imponendogli di riprendere immediatamente il lavoro.
Il folletto, per consentire all'amico Giuacchino di godere il desiderato riposo, chiamò a raccolta gli altri uri del trappeto i quali in men che non si dica, intrecciarono la coda del mulo con quella dell'asino in modo tanto intricato che lu nachiru, biscicando irripetibili imprecazioni, dovette impiegare l'intera notte per scioglierle; lu trappitaru potè così godere del meritato riposo e... giustizia fu fatta.
Ancora oggi gli anziani di Vernole raccontano con una patina di melanconica nostalgia che avvolge l'attento ascoltatore, tante altre buffe imprese dei nostri amici folletti.
I vernolesi, stanchi delle stravaganti intromissioni dei folletti nel loro tranquillo vivere quotidiano, decisero di rinchiuderli definitivamente nel trappeto che così fu solidamente sigillato.
Noi, generazione del duemila, abbiamo voluto liberare "i folletti di vernole", riaprendo il Trappetto Caffa, per vivere con loro in buona compagnia.
(Testi di Mario Mangione)
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